Redazione di Operai Contro,
come più volte ho letto su questo giornale, il numero dei dipendenti di un azienda, di per sé non conta se non c’è la decisione di lottare e opporsi ai licenziamenti.
200 esuberi su 800 dipendenti dovrebbero essere un motivo più che valido per innescare un braccio di ferro con l’azienda, resistere ai licenziamenti.
Finchè operai e lavoratori non rompono la subalternità alle direzioni sindacali che si ritrovano, continuerà il balletto degli incontri e la commedia dei tavoli. L’azienda non ritira i 200 esuberi che man mano diventano licenziamenti, e non è detto che i restanti 600 siano salvi. Nel frattempo il padrone (o il colosso delle assicurazioni, come nel caso qui sotto), avrà anche ottenuto un taglio generalizzato delle buste paga, che in nome della solidarietà avrebbe dovuto salvaguardare i posti di lavoro.
Saluti da una lettrice
Tratto dal Giorno della Martesana
Cologno Monzese (Milano), 27 luglio 2016 – Guadagnare tutti di meno, per garantire la tenuta occupazionale. I sindacati si giocano la carta della solidarietà nella vertenza che da settimane sta interessando Direct Line. Il colosso di assicurazioni, con sede in via Volta, resta fermo nei 200 esuberi.
«Abbiamo ipotizzato un contributo di solidarietà, che prevede una percentuale di riduzione delle retribuzioni tabellari per tutto il personale amministrativo non impiegato al contact center», annunciano Fisac/Cgil, Fna, First/Cisl e Uilca/Uil. Uno schema crescente, direttamente proporzionale all’inquadramento: 1% per terzo e quarto livello, 2% per il quinto, 3% per il sesto, 5% per i funzionari di settimo livello. «Secondo la stessa logica solidaristica, abbiamo proposto un taglio secco delle retribuzioni dei dirigenti del 10% e il ritorno alla retribuzione dell’amministratore delegato ai 490mila euro del 2012 contro l’attuale di un milione e 900mila circa».
La proposta complessiva punta anche a salvaguardare alcuni istituti del contratto integrativo, recependo le istanze aziendali legate a riduzione dei costi fissi, flessibilità e possibilità di una congrua incentivazione all’esodo volontario. «Vanno garantiti i livelli retributivi e alcune specifiche condizioni normative, come ad esempio l’istituto delle visite mediche e i ticket per i part-time, pur legandoli all’effettiva presenza – continuano le sigle sindacali -. Nella nostra proposta chiediamo anche il rientro di buona parte delle attività esternalizzate, a differenza delle poche afferenti l’area liquidativa previste dall’azienda». Per i rappresentanti dei lavoratori dovrebbero essere riportate in house scansione e archiviazione ottica, gestione archivi, recupero crediti, consulenze IT, servizi di portierato e receptionist, gestione buste paga, consulenza sinistri, oltre a parte delle attività liquidative.
«Registriamo una posizione rigida da parte dell’azienda rispetto alle possibili soluzioni per ridurre gli impatti sul personale, nonostante la disponibilità mostrata dalle Rsa. Ci è stato ribadito che il numero degli esuberi dichiarati potrà rientrare di poche unità solo nelle aree liquidative e nel contact center e che per tutti coloro che non potranno essere ricollocati è prevista solo la possibilità di percepire una modesta buona uscita». A fronte delle proposte messe sul tavolo, la società ha preso tempo. Tuttavia le sigle danno già per scontato il no. «L’azienda si è riservata di dare una risposta complessiva nei prossimi giorni, anticipando già che le posizioni restano distanti soprattutto perché la proposta sindacale prevede solo la fase di uscita volontaria e non quella obbligatoria, ossia i licenziamenti». Sarà ora convocata una nuova assemblea generale dei quasi 800 dipendenti per decidere come proseguire la vertenza.
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