Ancora 29 licenziamenti alla Berti

Caro Operai Contro, il padrone invia 29 lettere di licenziamento. I responsabili sindacali dicono: “avevamo dimostrato grande senso di responsabilità”. Alla Berti di Villa Del Conte, (Padova), specializzata nella produzione di pavimenti in legno, lavoravano 141 operai, ora sono in 45. Mentre i sindacalisti, invece di organizzare la lotta per respingere i licenziamenti, facevano bella mostra del loro “grande senso di responsabilità”, il padrone ha falcidiato l’occupazione. Con gli accordi firmati dal sindacato, ha programmato i licenziamenti attraverso, incentivi all’esodo, cassa integrazione ordinaria e straordinaria, contratti di solidarietà, lettera di ben servito col licenziamento. Un percorso già visto in […]
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Caro Operai Contro,

il padrone invia 29 lettere di licenziamento. I responsabili sindacali dicono: “avevamo dimostrato grande senso di responsabilità”. Alla Berti di Villa Del Conte, (Padova), specializzata nella produzione di pavimenti in legno, lavoravano 141 operai, ora sono in 45.

Mentre i sindacalisti, invece di organizzare la lotta per respingere i licenziamenti, facevano bella mostra del loro “grande senso di responsabilità”, il padrone ha falcidiato l’occupazione. Con gli accordi firmati dal sindacato, ha programmato i licenziamenti attraverso, incentivi all’esodo, cassa integrazione ordinaria e straordinaria, contratti di solidarietà, lettera di ben servito col licenziamento. Un percorso già visto in altre fabbriche. Se non ci diamo una mossa come operai, se non rompiamo la subalternità al sindacalismo che ha abolito la lotta, se non ci imponiamo col sindacalismo operaio, non potremo opporci alla volontà del padrone, neanche vendere cara la pelle, per essere più preparati la prossima volta. Basta col sindacalismo compiacente.

Saluti operai

 

Articolo del Mattino di Padova

VILLA DEL CONTE. (Padova)

Prima della crisi Berti, con sede a Villa del Conte, dava lavoro a 141 persone. Il suo successo era legato alle dinamiche dell’edilizia, che ha subito colpi durissimi dal 2008 a oggi. Questo non poteva non comportare conseguenze anche su un’impresa di questo tipo. Nonostante tutto, livelli occupazionali accettabili erano stati garantiti fino al 2014, gli esuberi gestiti con politiche di incentivo all’esodo e l’utilizzo degli ammortizzatori sociali quali cassa integrazione straordinaria, ordinaria e contratti di solidarietà, insieme a percorsi di formazione e outplacement, che consentivano ai lavoratori di scegliere se e quando accettare l’uscita dall’azienda.

 

Le cose sono cambiate quando le banche hanno sollecitato l’azienda a sottoscrivere un accordo di ristrutturazione del debito, causato dall’investimento, proposto dalle stesse banche, di un nuovo capannone. La scelta ha determinato un’ulteriore esposizione con 8 istituti di credito. Le banche hanno poi preteso un piano industriale.

 

Nel 2015 è stato inoltre attivato da parte di uno degli Istituti l’articolo 182 bis della legge fallimentare, che prevede una particolare procedura per la ristrutturazione del debito, allungando i tempi del piano industriale per la ristrutturazione aziendale con la trasformazione della società da snc in srl, non ancora avvenuta, e l’intestazione del 90% dell’azienda ai figli del fondatore. È infine arrivato un amministratore delegato esterno, anche in questo caso su richiesta delle banche. Di questi giorni la scelta unilaterale di licenziare altri 29 dei 74 addetti rimasti.

 

«Si tratta di una scelta», dichiarano Rosanna Tosato della segreteria provinciale Fillea Cgil e Rosolino Coniglio di Filca Cisl Padova e Rovigo, «che non possiamo in nessun modo condividere, perché può soddisfare le esigenze delle banche ma non gli interessi dei lavoratori e, a nostro avviso, mette in discussione la continuità produttiva dell’azienda. In questi anni», proseguono i sindacalisti, «abbiamo dimostrato, insieme ai lavoratori, grande senso di responsabilità, comprendendo le difficoltà e rendendoci disponibili ad attivare tutti gli ammortizzatori sociali a disposizione e non abbiamo neppure ostacolato la politica degli incentivi all’esodo volontario. Non abbiamo invece mai sottoscritto», sottolineano Tosato e Coniglio, «il piano industriale deciso con le banche, perché prevedeva la riduzione del personale a 45 unità, obiettivo che si sta raggiungendo con questa ultima decisione, mentre il resto del piano è ben lontano dall’essere realizzato».

 

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