Il contratto delle elemosine va respinto con un NO che li faccia tremare.
Un no che serve per manifestare a tutta la società che questi dirigenti sindacali non ci rappresentano più, che serve un nuovo sindacalismo operaio.
Elemosina N° 1 Confermati i minimi tabellari del 2015, nessun aumento fino a Giugno 2017. La prima volta che si chiude un contratto senza soldi freschi. A giugno 2017 verifica della dinamica inflattiva media del 2016 su 2015 per definire un fantomatico aumento. Con l’inflazione, secondo l’Istat vicino allo zero, zero aumenti. Due anni e mezzo, 2015, 2016 e metà 2017 senza un euro di aumento. Il contratto nazionale doveva difendere il potere d’acquisto dei salari, anzi migliorarli: obiettivo fallito.
Elemosina N° 2 Marzo 2017 il “vero” aumento: una tantum di 80 euro lorde, comprensivo di tutti i riflessi sugli istituti contrattuali e con la possibilità di assorbire gli aumenti individuali in vigore dal 1 gennaio 2017. Ad essere generosi dividiamo questa cifra per i 7 mesi, dalla firma del contratto a giugno 2017 ricaviamo una cifra lorda di 11 euro. Come dicevamo un’elemosina.
Elemosina N° 3 Dal primo giugno 2017 al giugno 2018 un buono da 100euro, vale al mese 8,3 euro. Dal primo giugno 2018 al primo giugno del 2019 un buono di 150 euro, vale al mese 12,5 euro. Infine dal giugno 2018 un buono di 200 euro, 16 euro al mese. Sono dei buoni aziendali da usare dove vuole il padrone, come vuole il padrone. Un passo indietro di 150 anni, i braccianti si pagavano con quattro soldi ed una gallina.
Elemosina N° 4 Iscrizione a Mèta Salute, fondo di assistenza sanitaria integrativa salvo rinuncia scritta. Per chi si iscrive l’azienda dal 1 ottobre 2017 garantirà una contribuzione pari a 13 euro mensili. Invece di far pressione per la riduzione dei costi del servizio sanitari nazionale, si tirano in ballo questi fondi integrativi che sono una fonte di guadagno solo per chi li gestisce. Una serie di briciole che non diventano salario contrattuale, hanno sottoscritto un contratto nazionale che non definisce migliorandole le nostre condizioni salariali e normative. Hanno aperto la strada ai padroni di rinnovare i contratti senza tirare fuori un euro, se gli aumenti devono esserci vanno definiti aziendalmente, variabili, lasciando gli operai, fabbrica per fabbrica, in balia dei propri padroni e soprattutto abbandonando gli operai che non hanno forza contrattuale a salari ancora più bassi. Così di fatto il significato del contratto nazionale di categoria è finito.
Ma è finita anche un’altra illusione attorno al ruolo di Landini e i suoi sostenitori. Le sue sfuriate sui diritti, sul valore del contratto nazionale, sulla difesa del salario si sono rivelate inconsistenti. Mai fidarsi dei demagoghi da televisione, in realtà Landini ha firmato il peggiore contratto di tutte le categorie. Se non lo fermiamo, il rinnovo del contratto nazionale sarà sempre più intesa, un intesa a tavolino senza scioperi, senza conflitto, le cui briciole i padroni possono distribuire agli operai per tre o quattro anni. L’unico modo di fermare Landini e i suoi compari di FIM e UILM è votare NO, far saltare i loro giochi. La società è in movimento, non è più sopportabile che siano proprio gli operai a subire il proprio immiserimento in silenzio.
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