Migliaia di persone sono scese in piazza oggi a Kabul per protestare contro la mancanza di sicurezza dopo la strage di mercoledì, quando un camion-bomba, probabilmente dell’Isis, ha ucciso quasi 100 persone e ne ha ferite oltre 400. I manifestanti hanno cercato di raggiungere il palazzo del presidente Ashraf Ghani, all’interno della Zona Verde. Ma la polizia ha chiuso tutti gli accessi per timori di un assalto. I dimostranti chiedevano le immediati dimissioni del governo e hanno cercato di forzare i check-point.
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Battaglia nelle strade
I manifestanti, alcuni armati di pietre e bastoni, si sono riuniti davanti il sito dell’esplosione, urlato slogan antigovernativi ma anche “morte ai talebani”. A quel punto la polizia ha sparato in aria e poi contro i manifestanti. Almeno quattro sono morti e otto sono stati feriti in modo serio e portati all’ospedale. La polizia ha anche usato lacrimogeni e cannoni ad acqua, con “un odore strano”, forse per l’aggiunta di sostanze urticanti.
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Accuse incrociate sulle responsabilità
Il governo ha cercato di scaricare la colpa dell’attentato, il peggiore a Kabul dal 2001, contro il rivale storico, il Pakistan, accusato di aver usato un gruppo isla
mista manovrato dai suoi servizi, il cosiddetto Network Haqqani, per compiere la strage e destabilizzare il governo. Alcuni account Twitter legati all’Isis hanno rivendicato l’attacco nelle ore immediatamente successive ma poi non è arrivato il comunicato ufficiale. I Taleban hanno invece smentito il proprio coinvolgimento e condannato «l’uccisione di civili». Sembra chiaro a questo punto che tutti e tre i principali gruppi islamisti cercano di scaricare la colpa sugli altri proprio per capitalizzare la rabbia popolare.
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Signori della guerra
Gli abitanti di Kabul ha però anche sfogato la loro frustrazione contro corruzione, caos amministrativo, una gestione disastrosa della lotta ai Taleban e agli altri gruppi islamisti, e contro i compromessi che hanno portato Ghani ad allearsi con signori della guerra islamisti dalle mani intrise di sangue, come Abdul Rashid Dostum e soprattutto Gulbuddin Hekmatyar, già massacratore della popolazione di Kabul durante la guerra civile seguita alla cacciata dei sovietici.
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