Caro Operai Contro,
li chiamano programmi elettorali. Sono le trappole che i cannibali politici dei padroni stanno piazzando in vista delle elezioni. Metà degli elettori li hanno già scaricati nelle ultime tornate elettorali, non presentandosi alle urne. Come ricordato da Operai Contro, a votare ci vanno solo i padroni con le loro famiglie, i loro carrozzoni clientelari, compresi i lacchè dell’informazione e i lustrascarpe. Mentre è partita la nuova rapina annua con rincari di prezzi e tariffe, mentre milioni di operai sono costretti a salari e pensioni da fame, e altri milioni di uomini sono senza salario e senza sussidio. E’ in crescendo la sfilata dei cannibali pagati a peso d’oro che “lavorano” per tentare di ricostituire attraverso le elezioni il nuovo governo dei padroni. Disertiamo le urne.
Saluti da Grugliasco
Invio uno scritto tratto da: notizie.tiscali.it
PARTITO DEMOCRATICO
Il segretario Matteo Renzi ha spiegato che sarà una campagna dai toni bassi ma molto concreti. Paolo Gentiloni ha parlato di Pd “forza tranquilla, di sinistra e di governo”. Il tempo delle slide, degli effetti speciali e di “una riforma al mese” pare finito per sempre. La lezione è stata pesante. Il tema bandiera per il Pd è uno solo: “Lavoro, lavoro, lavoro” ha ripetuto e scritto il segretario Renzi alla fine del viaggio in treno che lo ha portato in giro per l’Italia per ascoltare e prendere appunti su cosa chiede il paese reale. Forte di cinque anni di governo in cui, seppur con tutte le incertezze dovute ad una maggioranza politica spesso di compromesso, i numeri sono tutti in positivo, dal Pil (+1,8%) all’export, dall’occupazione (circa un milione di posti di lavoro in più) ai redditi passando per i risparmi (dati Istat di due giorni fa); consapevole che tutto questo non basta perché la ripresa non ha ancora toccato le disuguaglianze invece molto cresciute in questi anni, il Partito democratico mette il lavoro al centro della sua mission. In che modo? Decontribuzione, più stabilità e meno precariato, più investimenti. Insistere sulla strada percorsa in questi anni e che, in un mondo che difficilmente tornerà quello che era prima della crisi del 2008, ha dato risultati. Fisco – L’Istat ha certificato che la pressione fiscale nel secondo trimestre del 2017 è arrivata al 40,3%, la più bassa negli ultimi sei anni. Ma non basta. La proposta di programma prevede un’ulteriore riduzione delle tasse per le famiglie con figli, il taglio del costo del lavoro, la lotta all’evasione e all’elusione fiscale e il superamento del Fiscal Compact, il patto di bilancio europeo, per recuperare flessibilità almeno per gli investimenti pubblici. In queste ore il segretario Renzi ha riproposto l’ipotesi della riduzione del canone Rai E’ Diritti e giustizia – Il Pd rivendica una lunga lista di riforme nel campo della giustizia. Certo, resta ancora molto da fare sui tempi del processo, penale e civile. Sui diritti, la XVIII legislatura dovrà iniziare da dove era rimasta: l’approvazione di una nuova legge per la cittadinanza dei figli di stranieri nati o cresciuti in Italia. Lavoro – E’ il tema bandiera del Pd. Soprattutto per i giovani. L’impostazione resta quella del jobs act “da cui non s’intende retrocedere semmai è necessario migliorare alcune parti”. Si punta poi ad aumentare la contrattazione decentrata che riesce a soddisfare meglio le necessità della domanda e dell’offerta nel singolo territorio. Immigrazione – Si tratta di portare avanti il lavoro fatto e impostato dal ministro Minniti sotto il governo Gentiloni. Dunque accordi con la Libia, presenza di organizzazioni umanitarie, investimenti seri nei paesi africani da dove partono i flussi. E poi rimpatri volontari, espulsioni ed permesso di soggiorno europeo. Ma, oltre a tutto questo, il Pd chiede di aprire corridoi umanitari con alcuni paesi per togliere la materia prima – i migranti – al racket dei trafficanti.
LIBERI E UGUALI
La lista che vede insieme scissionisti del Pd (Art.1-Mdp), Sinistra italiana e Possibile con la guida di Piero Grasso, ha certificato ieri le linee guida del programma. La proposta bandiera – E’ stata lanciata ieri da Piero Grasso-Jeremy Corbyn, il leader dei Labour inglesi a cui l’ex magistrato antimafia prestato alla politica nel 2013 e ora leader di questa lista a sinistra del Pd sembra ispirarsi sempre di più. Come contenuti e anche come stile e anagrafe. Molto più nel ruolo rispetto all’esordio emozionato del 3 dicembre, ieri Grasso ha stupito un po’ tutti quando ha tirato fuori dal cilindro il suo coniglio: “Scuola e ricerca sono prioritarie in un paese che vuole costruire il proprio futuro. Ho incontrato giovani che non possono continuare l’università perché pur avendone diritto non possono accedere ai fondi perché le casse sono vuote” ha raccontato Grasso. Da qui la proposta: “Aboliamo le tasse universitarie, almeno per chi lo merita”. Le coperture? “Questo taglio ci costa un miliardo e 600 milioni, un decimo di quei 16 miliardi che spendiamo in detrazioni per chi non ne ha bisogno o in aziende dannose per l’ambiente”. Fisco – Stop alle politiche dei bonus (ma non agli 80 euro). Il principio guida è quello della progressività nella tassazione, così come dice la Costituzione, per cui “meno tasse per i meno ricchi” e più imposte per chi se lo può permettere. Entrando nel dettaglio si tratta di “rivedere le aliquote Irpef per i redditi sotto i 40 mila euro”. E di ripristinare l’Imu sulla prima casa ma solo se il valore dell’immobile supera un certo valore catastale (D’Attorre ha indicato 400 mila euro). Allo studio anche una nuova imposta “che unifica i redditi da lavoro, da capitale e da profitti”. Diritti e giustizia – Legalità, lotta al crimine e alla corruzione non possono che non essere il pane quotidiano per una lista guidata da Piero Grasso. “Dobbiamo recuperare 50 miliardi di evasione, ci rendiamo conto…Questi sono furti di diritti”. Tra i diritti ai primi posti c’è l’accesso ai servizi sanitari, lo ius soli, l’adozione dei figli per le coppie gay. Lavoro – Il motto è: “Aboliamo il precariato e non le tasse”. Centrale è l’abolizione in toto del job’s act con l’obbligo del reintegro per i licenziamenti senza giusta causa e l’obbligo di causale per cessare i contratti a termine. Speranza immagina anche “la cancellazione per legge della jungla di forme contrattuali precarie” mentre i contratti a termine “devono prevedere regole chiare”. Ma nel programma di LeU altrettanto centrale è la green economy che già oggi “dà lavoro a tre milioni di persone”, l’impresa culturale e ricreativa, ovverosia “creare lavoro generando bellezza”. Tra messa in sicurezza delle abitazioni e degli edifici pubblici, progetti per il turismo e la cultura, vengono ipotizzati investimenti per 10 miliardi. Immigrazione – E’ un’impostazione opposta a quella messa in atto dal piano Minniti. Sbagliato anche l’intervento in Niger. Prevede canali di ingresso legali per i flussi dei migranti, l’assistenza in mare da parte delle ong e la revisione degli accordi europei per l’asilo e l’ospitalità. La Bossi-Fini va cambiata e va eliminato il reato di immigrazione clandestina.
MOVIMENTO 5 STELLE
Lavorano al programma da mesi, le proposte sono arrivate e poi lavorate sul web dove si possono trovare le proposte integrali. Qui è necessario un lavoro di sintesi che non vuole e non può essere sostitutivo. La proposta bandiera è scolpita da tempo, dal 2103: si chiama reddito di cittadinanza, è una forma di sostegno (fino ad un massimo di 780 euro) a chi non ha reddito o lo ha ma è molto basso e deve però sottoporsi ad un percorso che prevede offerte di lavoro e corsi di formazione a cui non si può dire di no. Si legge nel programma 5 Stelle: “La legge sul reddito di cittadinanza ha tutte le coperture in regola: è stata infatti vidimata dalla Ragioneria dello Stato. Le coperture, quasi 16 miliardi di euro vengono da risorse nei settori del gioco d’azzardo, banche, compagnie petrolifere, grandi ricchezze, finanziamenti per i giornali o le spese della politica”. Fisco – Il tema è uno di quelli work in progress, nel senso che si assiste a modifiche e variazioni o aggiunte a seconda del momento. In linea generale, la proposta sembra molto di sinistra, levare ai ricchi per dare ai poveri. Ma, come si diceva, si sta correggendo. Ad ogni modo, l’idea è di revocare le detrazioni a chi ha un reddito superiore a 90 mila euro e di ridurre le agevolazioni per i redditi più alti. Tasse più alte per banche e assicurazioni. L’ultima novità è il taglio delle pensioni d’oro, superiori cioè a 5 mila euro. Di recente, poiché il competitor più probabile sarà il centrodestra, si è avvicinato anche lui ad un progetto di flat tax, tassazione progressiva. Diritti e giustizia – Hanno detto no alla unioni civili e allo ius soli. Hanno votato a favore del fine vita. I diritti civili non sono così centrali nel programma 5 Stelle. Lo sono invece quelli sociali: salute, studio, ricerca, ambiente. Circa i sindacati, Di Maio ha detto: “O si autoriformano o ci pensiamo noi”. Hanno detto no alla riforma delle intercettazioni appena licenziata dal governo. Lavoro – Il programma potrebbe essere sintetizzato così: lavorare meno, lavorare tutti. Anche Di Maio vuole abolire il job’s act e reintrodurre l’articolo 18 per le aziende con più di 15 dipendenti. Che però in Italia sono il 15% del totale. Si chiede anche la partecipazione dei lavoratori alle decisioni aziendali e forme di flessibilità in uscita per la pensione. L’ultima battaglia è la chiusura dei negozi nei giorni festivi. Immigrazione – Di Maio ha indicato l’obiettivo: “zero sbarchi” aiutando i profughi a casa loro. Ambizioso. L’ideale, senza dubbio, soprattutto per chi rischia la vita ogni giorno in quei viaggi organizzati da schiavisti. Come si realizza? Qui le idee sono un po’ più vaghe: ricollocamento dei profughi in altri Stati Ue (però i 5 Stelle a Strasburgo hanno votato contro la riforma di Dublino che va proprio in questa direzione), vie d’accesso legali in Europa che deve avere un permesso di soggiorno europeo. Tutte misure che richiedono, nella miglior delle ipotesi, molti anni per la loro realizzazione.
FORZA ITALIA
Silvio Berlusconi tornato in auge nonostante la sua incandidabilità, non sta inventando nulla di nuovo. La differenza è che questa volta promette di realizzare quella rivoluzione liberale, che ha preso la forma dell’Albero della libertà, che non ha realizzato negli anni in cui è stato al governo. Misurate le condizioni del paese, fatto un rapido calcolo di convenienza, la proposta bandiera sono i sei macro-temi graficizzati nell’albero della Libertà: più garanzie per tutti (pensioni minime a mille euro; un reddito di dignità dello stesso importo); meno tasse (abolizione del bollo auto per machine di grande cilindrata); i nostri “amici animali”; il piano per il Sud; meno Europa; più sicurezza. Torna in primo piano la riforma in chiave presidenzialista. Poco chiare anche le coperture. Fisco – La proposta è di eliminare del tutto la tassa di successione. Ok anche alla flat tax anche se con un’aliquota più alta rispetto a quella proposta dalla Lega. Prevista anche una “forte riduzione fiscale per il ceto medio”. Coperture? Work in progress. Diritti e giustizia – Stop alla legge Severino e annullamento di tutte le norme sulla incandidabilità. Berlusconi ha messo nuovamente sul tavolo la riforma della giustizia e l’applicazione del giusto processo. Lavoro – Rendere ancora più flessibile il mercato del lavoro, più mercato, più impresa, riformare e digitalizzare la burocrazia. Immigrazione – Rafforzare gli accordi con la Libia che non devono essere sottoscritti dall’Italia ma dall’Europa; creare campi profughi gestiti dalle organizzazioni internazionali; blocco delle imbarcazioni del racket; più fondi per la cooperazione.
LEGA/FRATELLI D’ITALIA
Nessuno si offenderà se li mettiamo insieme ma per i punti-chiave presi in esame le loro posizioni sono sovrapponibili. La legge bandiera è una sola, per entrambi: abolizione della legge Fornero che ha alzato l’età pensionistica. Il punto è stato condiviso anche nel vertice di ieri e diventa prioritario nell’agenda della lista unitaria di centrodestra che ha preso corpo ieri ad Arcore. Torna anche il federalismo. Fisco – La flat tax è il pallino di Salvini su cui ieri è stato raggiunto l’accordo fissando l’aliquota intorno al 20 per cento (Lega voleva il 15%, Forza Italia il 25%). L’obiettivo è anche “meno burocrazia” e “men vincoli con l’Europa”. Diritti e giustizia – Lo ius soli è cancellato ora e per sempre. Le risorse disponibili vanno invece impiegate per dare sostegno alle nascite e ai “bisogni delle famiglie italiane sempre più impoverite”, diritto alla casa, alla salute, allo studio. Meloni ha messo in cima all’agenda “la difesa dei diritti della donna”. Salvini la riforma della legittima difesa per cui “la violazione della proprietà privata autorizza l’uso delle armi per legittima difesa”. Lavoro – La Lega è pronta a dare battaglie contro le delocalizzazione con multe alle imprese che hanno ricevuto fondi pubblici e poi chiudono e aprono all’estero. Per Meloni è prioritaria, e condivisa anche dagli altri alleati, la difesa del made in Italy e delle aziende italiane con incentivi e dazi molto alti per i prodotti dell’estero. Lotta alla concorrenza sleale dei prodotti stranieri. Immigrazione – Il programma è molto più radicale rispetto a quello di Forza Italia e prevede stop ai clandestini. Il come è noto visto che Salvini ci ha costruito il suo personale consenso negli ultimi tre anni: fermare in mare le imbarcazioni del racket; impedire comunque l’attracco nei porti italiani; espulsione dei clandestini e quindi irregolari così come di coloro a cui non è stato riconosciuto il diritto di restare in Italia e in Europa. Netta deve poi essere la distinzione tra migranti economico e chi fugge da guerre e avversità.
I programmi sono chiari. Un po’ meno la loro fattibilità. Ancora meno la loro copertura economica.
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