Passate 24 ore rispetto all’annuncio ferragostano di revoca della concessione ad Autostrade per l’Italia, il vicepresidente del Consiglio Di Maio insiste: «Faremo la revoca, non si può morire pagando il pedaggio». Accanto a lui, a Genova, il presidente del Consiglio Conte va persino oltre: «Non possiamo attendere i tempi della giustizia penale», dice. Uomo di legge, docente di diritto e persino – secondo il famoso curriculum – esperto di diritto contrattuale, Conte appare risoluto: «Procederemo con la revoca perché non c’è dubbio che l’obbligo di curare la manutenzione ricadeva su Autostrade».
Non c’è dubbio. Ma è ugualmente certo che l’obbligo di vigilare sull’esecuzione della manutenzione spetta al ministero dei trasporti, presso il quale esiste una Direzione generale per la vigilanza sulle concessioni autostradali. Per quanto sotto organico, la direzione era certamente al corrente della necessità di un intervento strutturale (retrofitting) sul ponte Morandi, con procedura di appalto già conclusa: la messa in sicurezza del pilone centrale era attesa da oltre vent’anni e sarebbe dovuta partire dopo l’estate. I rumorosi attacchi del governo servono a nascondere le sue eventuali responsabilità. Se vanno a segno nella comunicazione è anche per la pessima gestione della crisi da parte di Autostrade.
La società si è dimostrata capace solo di respingere le sue responsabilità. Ha però dalla sua il contratto di concessione firmato nel 2007 e valido fino al 2042, come puntualmente fa rilevare il gruppo Atlantia con una serie di osservazioni specifiche. «L’annuncio di revoca è stato effettuato in carenza di qualsiasi previa contestazione», avverte, sapendo che per l’articolo 7 del contratto al governo serve una contestazione specifica per irrogare una sanzione (di massimo 150 milioni) al concessionario e avviare il lungo iter della revoca. Iter che ha una durata di almeno sei mesi, assegna l’ultima parola al Mef e prevede la possibilità per Autostrade di dimostrare di aver adempiuto all’obbligo di «mantenimento delle funzionalità» (articolo 3). In ogni caso, come non manca di evidenziare Atlantia «spetta alla concessionaria il riconoscimento del valore residuo della concessione» che secondo stime prudenti si aggira sui 20 miliardi. Non solo, arriva anche la minaccia di denuncia per aggiotaggio: «Le modalità dell’annuncio di revoca – conclude Atlantia – possono determinare riflessi per gli azionisti e gli obbligazionisti della società». Il tonfo del titolo in borsa è noto – tanto che Di Maio ha cercato di spiegare che la discesa era cominciata prima delle sue parole sulla revoca; quanto agli obbligazionisti avrebbero titolo per richiedere il rimborso immediato, in caso di revoca delle concessioni. Potrebbe essere il tracollo di un gruppo che è sì posseduto in massima parte dai Benetton, ma che ha come secondo azionista il fondo sovrano di Singapore e il 45% del capitale in mano a piccoli azionisti.
Le difficoltà sono tali che prima di sera il governo ha già ingranato la retromarcia. Il movimento 5 Stelle parla più prudentemente di «avvio della procedura per valutare se si possa arrivare alla revoca» (il sottosegretario Cioffi). La Lega ha già tracciato un’altra rotta. Salvini: «Da Autostrade puntiamo a ottenere, nell’immediato, fondi e investimenti a sostegno delle vittime, del resto parleremo dopo». Il sottosegretario leghista ai trasporti Rixi rende esplicita la mossa verso Autostrade: «Devono essere loro i primi a intervenire, a prendersi carico di tutto. Altrimenti le clausole vessatorie che lo stato a firmato non valgono, così come non valgono per i privati cittadini». Che non valgano è da vedere in una eventuale guerra legale, ma Rixi, genovese, si rende conto che senza Autostrade sarebbe difficile trovare le risorse per i primi interventi necessari (i 5 milioni che sono l’unico atto concreto del governo sono poca cosa) e risolvere i problemi di mobilità che adesso ricadono sulla città. Il ministro delle infrastrutture Toninelli, che era con Di Maio quando il vicepremier annunciava sicuro «incontrerò i Benetton solo quando gli revocheremo la concessione», si affida invece all’ufficio legale del Mit. Parte una richiesta formale ad Autostrade: 15 giorni di tempo per una relazione sullo stato di salute del ponte. E la richiesta di coprire i costi dei danni e della ricostruzione «in tempi contenuti». Più che l’avvio della procedura di revoca della concessione, è l’inizio di una trattativa.
dal Manifesto
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