Il presidente di Confindustria, per sostenere il SI alla Tav, nasconde la fame di profitti dietro la creazione di posti di lavoro. In Italia abbiamo una borghesia industriale composta da veri benefattori
L’analisi Costi-Benefici era stata presentata come lo studio che avrebbe dovuto dirimere una volta per sempre la questione sulla Tav Torino-Lione. Una valutazione scientifica avrebbe dovuto chiarire definitivamente l’opportunità o meno di fare la grande opera. In una società che si fonda sul vantaggio economico definire che le uscite sono maggiori che le entrate taglia il nodo gordiano. Ma si sa, quando uno fa il conto delle propri entrate e uscite, fa presto a convincersi. Se invece i soggetti sono diversi …. tutto si complica e anche la matematica può diventare opinione.
E’ a questo punto che mentre tutti si sono scatenati a dir la loro sull’analisi costi benefici, riportando indietro il tempo di vent’anni (le prime discussioni e proteste NO Tav sono del 1995), è intervenuto Vincenzo Boccia, presidente di Confindustria. E da tutti gli studi che i padroni hanno profumatamente pagato ha tirato fuori “un solo dato”, come un asso piglia tutto: «50 mila posti di lavoro».
Boccia non ha mica parlato dei profitti che la borghesia industriale italiana aveva già calcolato di fare con la Tav. Ma, quasi che fossero una compagine di volontari dediti ad opere di bene, il rappresentante di questi padroni benefattori ha tenuto a precisare che si tratta di «una unica e grande priorità: l’occupazione, il lavoro. L’apertura di questi cantieri a regime determina 50mila posti di lavoro»
E’ già, i capitalisti italiani mica erano pronti a mettere i propri capitali per costruire la tratta ferroviaria Torino-Lione per fare profitti sicuri, non è che ambivano ad aumentare le proprie ricchezze finora accumulate. Ad aumentare con certezza il proprio capitale, grazie a commesse garantite nei pagamenti dallo Stato e dai fondi europei. Figuriamoci! Lo facevano per «l’opportunità, prioritaria, di dare lavoro», «in una fase delicata per l’economia, in cui va messo al centro il lavoro».
Tant’è che se il traforo per la Torino Lione proprio non si potesse fare, quella stessa “opportunità” deve essere garantita dal governo con altre opere. Su questo si potrebbe giocare la mediazione tra Lega e 5 Stelle, e la non rottura dei padroni con il governo Conte. I padroni -sempre per creare lavoro, naturalmente – sarebbero pronti a bucare l’intera Val di Susa per poi richiuderla. Con la galleria di servizio si sono già portati avanti nell’idea.
Lasciateli fare che, questi missionari per il lavoro, prima o poi arriveranno alla bella idea di fabbricare armi e mezzi per il confronto militare con altre borghesie, distruggere tutto, anche la popolazione, e poi ricostruire. Intendiamoci, non per continuare a fare e accumulare profitti: per creare lavoro! Le “gallerie di prova”, anche per questa idea, sono in un buono stato di avanzamento.
R.P.
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