Reddito di Cittadinanza – degli obblighi e delle pene dei proletari e della libertà di profitto dei padroni.
Segue a: Reddito di Cittadinanza – II° parte (http://www.operaicontro.it/?p=9755753024)
Mentre il decreto si trova ancora nelle commissioni del Senato dove, a colpi di emendamenti, i due partiti di governo si giocano la partita di chi alla fine entrerà nel reddito di cittadinanza, su una cosa sono tutti d’accordo: Sappiano i poveri che nessuno regala niente e che avere il reddito di cittadinanza non sarà una “pacchia”!
Ogni occasione è buona per ribadire e minacciare gli eventuali “furbetti” che il beneficio del reddito di cittadinanza sarà subordinato ad una serie di obblighi il cui mancato rispetto prevede uno specifico regime sanzionatorio.
Quindi non basta avere i requisiti che dimostrano la propria condizione di povertà. Se vuoi il RDC devi preliminarmente sottoscrivere la “dichiarazione di immediata diponibilità al lavoro”, altrimenti niente RDC. Solo il richiedente? Assolutamente no. La dichiarazione la devono sottoscrivere tutti i componenti del nucleo familiare maggiorenni che non sono occupati, che non frequentano regolare corso di studi o formazione o che non abbiano oltre i 65 anni di età.
Non basta. Poi devi sottoscrivere, a seconda di come verranno valutate le condizioni economiche e sociali del nucleo familiare, il “patto per il lavoro” o il “patto per l’inclusione sociale”.
Il “patto per il lavoro”, sottoscritto presso i centri per l’impiego o presso operatori privati (agenzie interinali), prevede l’obbligo alla formazione, a registrarsi alla piattaforma digitale del RDC e consultarla quotidianamente e ad accettare offerte “congrue” di lavoro. Vengono considerate congrue offerte con retribuzione e mansioni adeguate alla propria esperienza e competenza professionale ed entro 100 km per la prima offerta, entro 250 km per la seconda offerta, in tutto il territorio nazionale dalla terza offerta, questo nei primi 12 mesi, dopo che il limite per le prime due offerte passa a 250 km e la terza in tutto il territorio italiano. Nei primi 18 mesi si possono rifiutare massimo due offerte, al terzo rifiuto il RDC decade.
Il “patto per l’inclusione sociale”, sottoscritto presso i servizi sociali dei comuni che poi si coordineranno con i centri dell’impiego e gli altri servizi territoriali (istruzione, sanità, etc…), prevede gli stessi obblighi del patto del lavoro includendo anche obblighi legati all’istruzione per i minorenni, alla tutela della salute e a tutte le altre misure già previste dai servizi sociali in presenza di forme di emarginazione ed esclusione sociale.
Ed ancora. Tutti i componenti della famiglia obbligati sia nel patto del lavoro che in quello per l’inclusione sociale, sono anche obbligati ai progetti di pubblica utilità che verranno istituiti allo scopo dai comuni di residenza (fino ad un massimo di otto ore settimanali).
Per qualsiasi inadempimento, di qualsiasi componente familiare, agli obblighi previsti dai “patti” e dai progetti di pubblica utilità, è prevista una scala crescente di sanzioni economiche e finanche penali! Salti un appuntamento per la formazione od un colloquio conoscitivo, via una mensilità. Salti la seconda volta, due mensilità. Tuo figlio non si presenta a scuola, via due mensilità. Cosi fino alle sanzioni più dure che prevedono la perdita di tutto il RDC e, addirittura, la galera da 2 a 6 anni, nel caso di dichiarazioni o documenti falsi per ottenere il RDC e da 1 a 3 anni qualora non si comunichino variazioni nella propria condizione che possano portare alla perdita del beneficio.
Il governo, l’INPS, le associazioni padronali, i centri studi ed i sindacati confederali tutti d’accordo che il povero è tale perché non ha un lavoro. La povertà si sconfigge con il lavoro. E via poi con la dignità del lavoro, il diritto al lavoro. Ma la natura della condizione sociale del proletario, di chi non ha altra possibilità che vendere la propria forza lavoro per vivere, di schiavo moderno esce prepotente fuori quando in cambio del RDC di cittadinanza che non ti libera dalla tua condizione di miseria si pone l’obbligo al lavoro.
Un obbligo al lavoro camuffato con cinismo e calcolo politico come misura contro i furbi che vogliono fare la bella vita con il reddito di cittadinanza sulle “nostre” spalle – sai che bella vita si può fare con 300/400 euro al mese!
Obbligo al lavoro che invece operai, proletari, i poveri conoscono bene per quello che è, la loro condanna alla schiavitù del lavoro salariato sotto un padrone. Condanna a consumarsi sulle catene di montaggio, nei campi, nei cantieri, mettendo a rischio la salute, la vita, tutto per un salario da fame e tutto fintantoché questo serve ad arricchire il padrone. Padrone libero di decidere se sfruttarli fino all’osso o liberarsene quando non sono più utili a produrre profitti. Per i padroni non ci sono obblighi, non ci sono sanzioni e loro sì che possono permettersi la bella vita…. (continua).
P.S.
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