Una politica operaia è possibile. Porti aperti per gli immigrati, chiusi per i commercianti di armi. Antifascismo militante contro antifascismo di facciata. Per gli immigrati, dalla Lanterna, un grande benvenuto.
Un esempio del ruolo che gli operai possono svolgere nella lotta su questioni sociali contro padroni e governi ce la danno i portuali di Genova, qualche giorno fa, sulla Lanterna, il faro del porto di Genova alto 77 metri hanno esposto un mega striscione con scritto “benvenuti”, riferito ai cento immigrati appena arrivati al porto.
Contro le sparate di Salvini “prima gli italiani”, i portuali di Genova hanno dimostrato come gli operai si riconoscono prima come un gruppo unito contro il padrone, e poi manifestano apertamente la loro solidarietà agli immigrati appena sbarcati. La dimostrazione di come lo scontro tra operai e padroni, fuori dalla fraseologia inventata dai giornalisti, si concretizza in due classi contrapposte, per nulla dimenticate, dove gli operai si sentono solidali a cento migranti che sbarcano.
L’azione è il seguito di un’altra presa di posizione molto forte nei giorni precedenti, dove gli stessi portuali si sono rifiutati di caricare le armi sulla nave saudita attraccata al porto.
Ennesimo esempio di come una azione, seppur piccola e circoscritta ad un singolo caso, sia più incisiva e porti ad un concreto risultato.
I partiti e gli intellettuali che si definiscono antifascisti, negli ultimi tempi hanno risposto alle provocazioni fasciste di Salvini con discorsi inefficaci, condanne espresse solo da parole che non portano a nessuna azione di contrasto vero. L’antifascismo fino ad ora o è rimasto nelle dichiarazioni da salotti televisivi o nell’azione militante di qualche centro sociale, con gli ultimi scontri di Genova contro il comizio di Casa Pound la cosa è cambiata. In piazza c’erano gli operai del porto, il giorno dopo davanti al tribunale c’erano ancora loro a chiedere l’assoluzione per i compagni arrestati durante gli scontri. Una nuova realtà che schiera gli operai su questioni generali quali l’antifascismo vero, la lotta alla guerra contro i poveri, la solidarietà degli immigrati individuati come sfruttati che scappano dalla miseria. Il governo, la sua polizia non avrà più di fronte sparuti gruppi facili da etichettare come gente dei centri sociali, ma operai in massa che si mettono in prima fila.
Queste tre azioni, non troppo riprese dai media, sono proprio un esempio di come gli operai coalizzati, si esprimono e lottano non solo per difendere il loro posto di lavoro, ma dimostrano che possono rappresentare una forza sociale capace di unire tutti, dagli immigrati che Salvini vuol vedere morti in mare, ai giovani antifascisti che lottano contro il fascismo che tenta di risorgere, a chi si oppone ai ricchi commercianti di armi. Fare una dimostrazione di forza come quella di bloccare un carico di armi, è cento volte più incisiva delle parole dei pacifisti di facciata. E questa dimostrazione assume un carattere molto più valente se a farla sono gli operai, classe sociale che mantiene tutto il sistema capitalistico. Stesso discorso vale quando gli operai solidarizzano con gli immigrati perché riconoscono che anche loro fanno parte di una classe asservita al capitale. Non lo fanno certo per prese di posizione morali o buoniste, come va sbandierando Salvini. La differenza sta proprio qui, la solidarietà non avviene per qualche ideologia pacifista, religiosa o di commiserazione, ma attraverso un richiamo antico di classe, lo stesso che li ha spinti all’ardita soluzione di andare a mettere uno striscione gigante sulla torre più alta del Mediterraneo, simbolo di Genova da secoli, dove si chiarisce davanti agli operai del mondo da che parte stanno gli operai del porto di Genova.
S.D.
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