Per il crollo del ponte di Genova del 2018 – 43 morti- qualcuno è stato arrestato e finito in galera? Nessuno. Per aver manifestato contro la TAV e tentato di oltrepassare una cancellata gli arresti, fra domiciliari e in galera, sono stati 14. Ma questi sono “anarchici”, mentre quelli del ponte manager e alti funzionari.
La tecnica è ormai chiara e nota a chiunque in questi anni abbia partecipato in Italia a delle manifestazioni. Si può essere fotogenici o meno, ma al poliziotto addetto, alla sua telecamera, non si sfugge. E dopo qualche mese con buona probabilità qualcuno dei manifestanti verrà chiamato per una “scrittura/audizione” cui non si può dire di NO. Soprattutto se pensando di essere liberi di manifestare e fare cortei, incappando inevitabilmente in uno schieramento di centinaia di intruppatissimi e con mille protezioni uomini dello Stato, in qualche “zona rossa” insuperabile, oppure andando a “sbattere” contro muri di automezzi che si sono “improvvisamente” appiccicati l’uno all’altro e ai muri, non ci si è fatti intimorire.
E’ vero l’aria a quel punto è diventata irrespirabile per quella polvere bianca sparata addosso. Quei pezzi di acciaio con un po’ di gomma sopra, senza riguardo per i traumi cranici che provocano, si sono abbattuti sulle teste. Ma la gente convinta e imperterrita, che le proprie idee le vuol manifestare lo stesso, cercherà di superare anche quegli ostacoli pur sapendo che a farne le maggior spese saranno i singoli individui del proprio schieramento, se non altro per evidente sproporzione di equipaggiamento, e attrezzature. Ma ecco che a distanza di tempo, per quello che non puoi fare a meno di fare, poichè pensavi fosse comunque tuo diritto manifestare, ti vengono a prendere a casa, quando meno te lo aspetti, in piena notte di solito.
E’ quello che è successo anche questa volta, tre giorni fa, a 14 militanti NO TAV. La manifestazione è quella del 27 luglio scorso in cui un corteo di circa 3000 persone partito da Venaus ha cercato, per sentieri di montagna, di arrivare fino al cantiere contestato da più di vent’anni dagli abitanti della Val Susa. Per fermarsi, inevitabilmente, davanti alla “cancellata metallica” dislocata intorno al cantiere. Varie sono le “misure cautelari” per i 14 del movimento NO TAV finiti nel mirino di solerti magistrati, si va dal “divieto di dimora” nei comuni della Val Susa e della provincia di Torino all’ “obbligo di presentazione alla polizia giudiziaria”. Per due dei 14 però c’è stato persino l’arresto in carcere.
A questo punto uno pensa, data la pesantezza della misura cautelare dell’arresto ordinata dal pubblico ministero, che negli scontri di luglio qualche poliziotto sia rimasto ucciso o gravemente ferito, che i due arrestati portassero fucili nell’assalto al cantiere. Niente di tutto ciò, la cronaca riporta che un solo poliziotto della Digos è rimasto allora lievemente ferito – sicuramente non perché picchiato dai due arrestati, altrimenti i giornali ne riporterebbero tutti i dettagli – e che le “armi” dei NO TAV sono state le pietre del bosco e le cesoie usate per tagliare la rete per tentare di avvicinarsi al cantiere centro della protesta, che ovviamente non è stato possibile raggiungere.
Se solo si supera il confine e si fa il confronto con gli scontri di piazza in Fancia, viene da sorridere. Dall’altra parte delle Alpi dovrebbero riempire gli stadi se arrestassero tutti i manifestanti francesi per fatti della stessa gravità di cui accusano i torinesi. Ma forse la giustizia italiana è più seria, rigorosa (più forcaiola?) di quella francese, ci viene spontaneo pensare. E allora stiamo a confronti nostrani. Prendiamo un caso italiano e, se parliamo di galera, vuoi non finire in carcere se sei responsabile della morte di qualcuno?
La procura di Genova sta indagando dall’agosto – ma quello del 2018! – sul crollo del Ponte Morandi in cui a morire sono state ben 43 persone. Gli indagati a cui in questi mesi è arrivato l’avviso di garanzia sono ormai ben 72 – a proposito ai NO TAV ora arrestati era giunto l’avviso di garanzia? – ma nessuno di questi si è fatto un giorno di galera. Come mai? E’ certo che la stessa “delicatezza” nel trattamento degli indagati, che immaginiamo li vorrebbe alla pena detentiva “solo a sentenza passata in giudicato”, non è stata presa per i NO TAV della Valsusa. E questo nonostante la enorme differenza tra i due reati – omicidio di 43 esseri umani in un caso, resistenza alle forze dell’ordine e violazione alle ordinanze della prefettura di Torino di divieto di transito su sentieri di montagna nell’altro –. Forse che essere manager e padroni di società (assassini per profitto) sia diverso, davanti alla legge, che essere anarchici e NO TAV, anche per i pubblici ministeri?
R.P.
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