BONOMI FA IL LEONE, I CAPI SINDACALI LE PECORE

Il capo di Confindustria, Bonomi, grida contro i soldi dati ai disoccupati, ai poveri. Avvisa Landini che gli aumenti retributivi bisogna scordarseli, che il contratto nazionale è superato. E il “duro” sindacalista risponde proponendogli un patto per rilanciare l’economia  e i loro profitti.
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Il capo di Confindustria, Bonomi, grida contro i soldi dati ai disoccupati, ai poveri. Avvisa Landini che gli aumenti retributivi bisogna scordarseli, che il contratto nazionale è superato. E il “duro” sindacalista risponde proponendogli un patto per rilanciare l’economia e i loro profitti.


 

Il comitato d’affari della borghesia (il governo) per fronteggiare la crisi determinata dall’esplosione della pandemia, che ha amplificato enormemente l’ennesima crisi del ciclo del capitale, ha dovuto necessariamente distribuire una minima parte dei suoi introiti attraverso la concessione di cassa integrazione e redditi di sopravvivenza a parte delle classi subalterne travolte dai licenziamenti e dalla disoccupazione.
I decreti emanati dal governo Conte non sono stati fatti certamente per buon cuore o perché Conte, mosso improvvisamente da uno slancio magnanimo, volesse aiutare i poveri. Nella realtà Conte ed il governo “giallo arancione” hanno fatto in modo di evitare che operai disoccupati e classi subalterne, strette dalla morsa della fame, potessero innescare una rivolta sociale dagli esiti imprevedibili, e quindi, costretti dagli eventi hanno dovuto necessariamente dare un minimo di aiuto economico per sopravvivere, attraverso cassa integrazione, reddito di cittadinanza e nuove formule di sostegno al reddito che hanno sostituito l’indennità di disoccupazione.
Tutto questo “dispendio di denaro” nei confronti dei poveri, al nuovo caimano della Confindustria, Carlo Bonomi, deve essere andato di traverso. Evidentemente il caimano, e la cricca di padroni che rappresenta, questa montagna di quattrini la voleva tutta per se, per i loro investimenti produttivi e per rimpinguare i loro capitali che nella crisi si stanno affievolendo. Nell’intervista a Repubblica del 30 maggio, dopo il piagnisteo sulle “aziende che ad ottobre non riapriranno ” e sul fatto che i soldi dell’emergenza sono stati distribuiti a tutti, soldi a pioggia senza guardare al futuro”, ha dapprima lanciato le sue invettive contro i percettori del reddito di cittadinanza e della indennità di disoccupazione. E successivamente ha lanciato un chiaro e diretto attacco alla contrattazione collettiva mandando un chiaro messaggio a Landini ed a tutto il sindacato: “Landini deve capire che il futuro è altro. Bisogna puntare sulla produttività ancor prima di parlare di aumenti retributivi” .
Al diretto attacco di Bonomi, che verosimilmente si appresta a dar voce anche ad un probabile “partito dei capitalisti”, il leader della CGIL, Maurizio Landini, al posto di attaccarlo duramente su queste dichiarazioni, come una pecora smarrita, bela di probabili patti per rilanciare l’economia. Proposta che Bonomi sicuramente non si farà scappare perché rilanciare l’economia significa solo un aumento dei profitti per i padroni. Padroni che per il rilancio economico chiederanno allo Stato ancora più quattrini, vista la torta miliardaria messa a disposizione dal recovery fund europeo.
Queste le richieste dei padroni: più soldi e politiche pro crescita, otre alla disponibilità a rivedere la contrattazione e, inevitabilmente, a comprimere salari. Tutte queste richieste si risolveranno in un nuovo cappio al collo per gli operai e per tutti i lavoratori.
Ma Landini ha altro per la testa, ha in testa di collaborare con i padroni, mistificando il fatto che se l’economia va bene vanno bene anche gli operai. Una miserabile panzana per conservare il suo posticino da funzionario ben pagato e ben accetto nei salotti televisivi, dove recita la parte del duro, quando poi nelle trattative firma, come gli altri sindacalisti venduti, qualunque accordo al ribasso. La sua risposta a Bonomi esprime una sudditanza senza limiti. Dichiara di voler rafforzare i contratti nazionali, ma non per difendere il salario operaio, bensì per aiutare i padroni nelle loro scelte strategiche di mercato: “In questa fase bisogna rafforzare e non indebolire il ruolo dei contratti nazionali, non solo per tutelare il salario dei lavoratori ma anche per affrontare i processi di cambiamento in atto, coinvolgendo i lavoratori e il sindacato sulle scelte strategiche, su come e cosa si produce”. Come se i padroni avessero bisogno del sindacato per stabilire qual è la migliore merce, il miglior investimento produttivo e la migliore strategia per vendere merci che sono solo il veicolo per accumulare profitti.
Bonomi ha davanti a se una pecora belante, non certo un capo sindacale che dovrebbe rappresentare gli operai più combattivi, per questa ragione fa la parte del leone mostrando i denti, e se la sbranerà in un sol boccone.
Come al solito se gli operai faranno affidamento su Landini, e sui funzionari del sindacato collaborazionista, garantiranno a Bonomi, e alla cricca di padroni che rappresenta, una vita facile e, per l’ennesima volta, scenderanno un altro gradino verso una miseria senza fine.
D.C.

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