Un bilancio di parte operaia sui risultati dell’accordo. Dovevano essere anni di aumento dell’occupazione, di miglioramento delle condizioni di lavoro, si sono rivelati anni di più fatica, bassi salari e tanta, tanta cassintegrazione.
In
questo mese fanno dieci anni da quando partì il progetto Fabbrica
Italia, quello che fu l’inizio di un lungo periodo di “piani”
industriali che hanno avuto un’unica costante: fare più profitti
possibili scaricando sugli operai, sull’INPS e sullo Stato la
maggior parte dei costi.
Molti specialisti “imparziali”
lodano oggi quel piano che, a loro dire, evitò all’Italia di
perdere il suo settore automotive che, senza l’attuazione di quel
primo piano, sarebbe stata trasferito all’estero, dopo dieci anni
si può ben rilevare che FCA ha trasferito produzione e direzione
dove più è convenuto agli azionisti fregandosene di tutti gli
impegni che aveva preso con i sindacalisti al suo servizio.
Il
loro punto di vista viene identificato con il punto di vista del
“mondo del lavoro” e quella che è una situazione con due realtà
contrapposte, appare un tutto unico e coerente. Nella realtà ci sono
due interessi in ballo: quelli degli azionisti da una parte; e quelli
degli operai dall’altra.
Il “progetto Fabbrica Italia” ha
come precondizione la “normalizzazione” degli stabilimenti. Gli
operai vengono messi sotto, tutte le organizzazioni sindacali non
allineate subiscono un pesante ridimensionamento
Con il
“progetto Fabbrica Italia” iniziano i lunghi anni di cassa
integrazione in quasi tutti gli stabilimenti con l’estromissione
degli operai più sindacalizzati, degli operai più anziani, di tutti
quelli ormai logorati da anni di catena di montaggio.
Pomigliano
ne rappresenta il paradigma. È qui che la FIAT sperimenta nella
pratica quello che vuole fare in tutti gli stabilimenti. I
presupposti li crea qualche anno prima. Nel 2007, licenzia Mimmo
Mignano del gruppo del “potere operaio”, un gruppo di operai
combattivi che è stato la spina dorsale dello SLAI Cobas negli anni
precedenti e ora, allontanandosi dal sindacato “delle cause
legali”, comincia a porre in modo embrionale un percorso politico
indipendente degli operai nello stabilimento di Pomigliano.
Poi,
nel 2008, la FIAT trasferisce 316 operai al reparto confino di Nola.
Sono tutti operai troppo sindacalizzati, o con ridotte capacità
lavorative distrutti da anni di linea.
Con
queste operazioni espelle tutti gli operai “scomodi” dallo
stabilimento.
Con il ricatto di trasferire la Panda in Polonia,
costringe gli altri ad accettare le sue condizioni capestro. La FIOM
spinge per un referendum. Il famoso referendum che deve sancire
democraticamente la fregatura. In realtà è solo una lavata di
faccia. Il suo controllo sul referendum è inesistente. Non viene
neanche data esplicita indicazione di votare NO. La FIAT invece
mobilita tutte le sue pedine. Politici, sindacalisti, giornalisti, le
mezze classi aziendali quelle che non fanno un minuto di lavoro
manuale.
Gli impiegati e i quadri sono entusiasti del piano
FIAT. Fino a quel momento avevano pianto in silenzio per il futuro
incerto, ma senza perdere molti soldi come gli operai che invece
stavano a cassa integrazione. A quel punto sono gioiosi e in un
comunicato pubblico affermano:
«Visto
il piano predisposto dall’azienda per il futuro dello stabilimento
esprimiamo, unanimi, la soddisfazione per le scelte operate in favore
dello sviluppo della fabbrica. Consapevoli della grande sfida che ci
attende e della svolta organizzativa necessaria, ci dichiariamo
pronti a dare tutto il nostro contributo affinché si realizzino i
progetti presentati
». Siamo nel giugno del 2010. Vedono il loro futuro luminoso perchè
Marchionne sta creando le condizioni per spremere il più possibile
gli operai. Dai calcoli fatti al referendum solo tre impiegati
voteranno contro, tutti gli altri saranno in massa per il
SI.
Nonostante queste premesse, il referendum non è il
plebiscito a favore della FIAT che tutti si aspettavano. Solo il
62,2% voterà SI. Il 36% voterà NO. I restanti si asterranno.
Dopo
il referendum, del tanto paventato rilancio del “lavoro”
affermato da tutti i sostenitori del Piano Italia, rimarrà poco. Da
allora si produrranno migliaia di Panda con meno di tremila addetti,
a ritmi vertiginosi, con meno pause, senza scioperi. Con circa metà
fabbrica sistematicamente fuori si arriverà a produrre ad oggi oltre
470 auto per turno.
Qualche tempo dopo, nel 2012, intervistammo alcuni operai dello stabilimento per conoscere dalle voci dirette dei protagonisti cosa era cambiato in fabbrica. Riportiamo alcuni passaggi di quell’intervista che, rispetto alle voci ufficiali, riportava una realtà un po’ diversa.
“In questi giorni è uscito su Panorama l’intervista ad alcuni “operai” della FIAT. Uno di essi diceva che tre pause da dieci minuti sono meglio di due da 20 minuti.
Operaio 1
Fare questa dichiarazione è assurdo. In 10 minuti a stento ho il tempo di andare in bagno e di un caffè. Sono questi operai la nostra rovina. Tutti dobbiamo lavorare, ma almeno si evitasse di dire queste stronzate.
Operaio 2
Questo mi deve dire se riesce in 10 minuti ad andare in bagno e tornare a lavorare senza correre.
Operaio 3.
È un’assurdità. Facciamo che alle 8.00 inizia la pausa. Per allontanarti dalla postazione e andare al bagno arrivi, tirando, alle 8.06. Se trovi una sedia (poche per migliaia di noi), ti siedi due minuti (8.08) e hai il tempo ristretto per tornare in postazione. La cosa buona e che non puoi prendere il vizio del fumo perché non hai tempo. Una volta “anticipavi” e trovavi un po’ di tempo, ora è praticamente impossibile. Ho letto su Panorama che uno degli intervistati non può portare la bottiglietta dell’acqua sulla linea. Io posso tenerla in postazione, ma non ho il tempo di bere. Lo posso fare solo se si ferma la linea, oppure ogni due ore quando scatta la pausa.
Nell’intervista si diceva che nella FIP (fabbrica Italia Pomigliano), il rapporto è di collaborazione tra operai e capi e gli operai partecipano con “suggerimenti” ai loro dirigenti su come migliorare le lavorazioni. È stato creato il “post it” dove gli operai partecipano con suggerimenti
Operaio 1
A me non risulta. Per quello che mi riguarda non ero uno sfaticato prima e non lo sono adesso, ma nessun capo ha mai chiesto il mio parere. E che ci sia collaborazione è una cretinata. In questi giorni mi hanno comunicato che la saturazione era ora a 380 [auto prodotte a turno, ndr]. Ho beccato per caso un delegato sindacale che normalmente non vedi mai, imboscati tutti da qualche parte, e gli ho chiesto se era legittimo un aumento simile. La risposta è stata: ”Siamo ancora all’80% di saturazione, quindi non ti lamentare”.
Operaio 2
Sinceramente non ne so nulla di questi “post it”, non so nemmeno dove si trovano.
Operaio 3
Prima c’era la cassetta dei suggerimenti, di questi “post it” non ne so nulla.
Altra affermazione su Panorama: La mensa a fine turno è un miglioramento perché si esce prima.
Operaio1
Quello che l’ha detto abita vicino allo stabilimento, a Pomigliano o in qualche altro paese nelle immediate vicinanze. Se dovesse arrivare da un po’ più lontano, come la maggior parte di noi, lo vorrei vedere. Se facesse il primo turno, mangerebbe almeno verso le 15.00. Cioè 10 o 11 ore dopo essere uscito da casa la mattina.
In tutte le postazioni sono state privilegiate ergonomicità e sicurezza.
Operaio 1
Le singole lavorazioni sono migliorate. I pezzi ti vengono dati vicino alla postazione. Non ti abbassi e non ti alzi più come prima, ma sono aumentati i pezzi da fare e io sono più stanco di prima alla fine del turno.
Operaio 2
Falso, addirittura oggi il lavoro è aumentato a 380 e poi esistono ancora lavorazioni non proprio ergonomiche.
Operaio 3
L’ergonomicità e la sicurezza sono aumentati. Noi ruotiamo nel dominio. Però, torno a casa che non servo più a nulla. Non riesco nemmeno a giocare un po’ con mio figlio. Se questo è ridurre il lavoro fisico ….
Operaio 4
Che il lavoro si sia ridotto, non lo devi mai pensare, esso aumenta sempre. Adesso stiamo a 380 e facciamo sempre la stessa lavorazione di 364.Panorama: Una operaia dice: chi lavora bene viene premiato.
Operaio1Questa è come quello, solo stronzate.
Operaio 2
Ma dove lavora questa persona? I premi dove stanno?
Operaio 3
Sono pochi che la pensano come lei. In base alla mia esperienza in fabbrica chi lavora bene viene premiato con altro lavoro da fare. Questo aumenta sempre.
Operaio 4
Che l’azienda premi chi lavora non esiste. Premia qualcuno vicino ai capi, ma questo è sempre successo. Io lavoro e ho sempre lavorato. Ho sempre fatto quello che mi è stato detto di fare, né più né meno, ma non sono mai stato premiato.
Dicono che le retribuzioni sono aumentate tra il 15% e il 20%.
Operaio1
Uno non sposato prende circa 1300 euro al mese. Prima prendeva 1150 circa. Però, ora in busta paga, mese per mese, c’è il premio di produzione (quattordicesima) che prima ti veniva data in un’unica volta. In più ci sono i quattro soldi della monetizzazione dei dieci minuti di pausa in meno. Questi sono i famosi soldi in più.
Operaio 2
Sono aumentate un po’, ma bisogna considerare i 10 minuti di sosta, la 14a distribuita mese per mese; produciamo circa 120 auto in più a turno, 30 minuti di mensa a fine turno, ditemi voi dove sta questo aumento? Prima 1100 euro circa, ora 1300 €.
Operaio 3
Non so se rientra in questa percentuale ma un po’ è aumentato, certo se penso ai colleghi tedeschi mi viene da sorridere.
Operaio 4
Si parlava di 3000 € in più all’anno, dove sono questi soldi?
Panorama: Nella FIP la sicurezza è aumentata e non c’è limitazione della libertà. Il livello ergonomico e di sicurezza è migliorato tantissimo. Le regole sono più rispettate.
Operaio 1
Vedo che certi obblighi si rispettano di più (guanti, scarpe antinfortunistiche), però notizie di incidenti circolano tra gli operai. D’altra parte, se sei più stanco ti fai male di più. Si denunciano meno gli incidenti e siamo anche di meno, perciò ufficialmente appaiono meno incidenti. La limitazione della libertà c’è, eccome. Io ho votato SI al referendum, convinto. Ero un filo aziendale sfegatato. Il mio sogno era fare il team leader. Oggi se potessi andarmene me ne andrei di corsa.
Operaio 2
Per avere un giorno di permesso lo devo chiedere mesi prima e nemmeno lo danno. Addirittura usano minacciare, mi ricordano sempre che fuori ci sono ancora persone (2000 operai) che possono prendere il mio posto.
Questo il quadro del 2012, solo due anni dopo gli operai già vedevano chiara la realtà del famoso accordo del 2010. La situazione oggi, dieci anni dopo, è ancora peggiorata e solo i giornalisti al soldo della famiglia Agnelli, da dietro i loro tablet, possono scrivere indisturbati che quell’accordo salvò un pezzo di industria “italiana”. Salvò i dividendi degli azionisti da dove ricavano i loro buoni stipendi.
F.R.
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