Quello interno contro l’aggressione dell’imperialismo russo, quello strumentale del sostegno occidentale per indebolire la Russia. Quello fra i paesi imperialisti europei e l’imperialismo americano in concorrenza per i propri interessi
La guerra in Ucraina è una guerra con molti fronti. Da una parte c’è il popolo ucraino che si batte per l’indipendenza dall’imperialismo russo. Fra gli oppositori all’invasione sono rappresentate tutte le classi. La borghesia ucraina, con l’appoggio degli occidentali, cerca di gestire il conflitto affidandosi sempre più ad un esercito organizzato dotato di armi evolute e combattenti professionali, malgrado molti ucraini si siano arruolati. Si cerca di relegare la resistenza degli operai e degli strati bassi della popolazione a compiti di logistica e sostegno, meno nei combattimenti.
Gli operai fanno paura e i borghesi ucraini non vogliono vederli protagonisti della guerra di liberazione e finora l’andamento delle operazioni belliche ha favorito questa opzione dei borghesi.
Dall’altra parte, le potenze occidentali, in primis gli USA, appoggiano l’Ucraina per indebolire il più possibile la Russia, che insieme alla Cina è una potenza militare pericolosa per l’egemonia dell’imperialismo americano. Fanno gola ai borghesi occidentali anche le prospettive di profitto che possono essere aperte da una ricostruzione del paese, magari spartito fra le grandi potenze.
Ma sul versante occidentale, si combatte anche un’altra guerra, quella tra fratelli nemici.
L’America, sempre meno concorrenziale con le sue merci rispetto alla stessa UE, ha utilizzato la guerra in Ucraina per indebolire l’Europa, Germania in testa. Sfruttando la sua egemonia finanziaria, ha costretto gli “alleati” europei a sostenere una politica di isolamento della Russia che si è dimostrata particolarmente negativa per Germania, Francia e Italia prima di tutto.
I costi per materie prime, in particolare i combustibili, sono aumentate di “sette volte” in Europa rispetto all’America, come si è lamentata l’industriale Marcegaglia in una recente dichiarazione.
L’America si è poi “generosamente” offerta di vendere il proprio gas all’Europa con prezzi del 30% superiori rispetto a quelli russi.
Il risultato è una perdita di concorrenza drastica del settore manifatturiero europeo rispetto ai concorrenti, compresi gli americani.
Ora vengono minati i gasdotti che portano il gas russo alla Germania. Gli americani avevano minacciato di farlo già tempo fa. È chiaro chi ci guadagna.
L’America in particolare, ma anche la Polonia che ha appena inaugurato il gasdotto che la collega alla Norvegia e che la pone come paese di riferimento per il gas europeo dopo essere stata esclusa per anni proprio dagli impianti Stream. Ora per il gas norvegese la Germania dipende completamente dalla Polonia. Non a caso vi sono dichiarazioni di politici polacchi che esplicitamente plaudono alla distruzione del gasdotto russo.
La stampa europea, e italiana in particolare, spicca per ignavia. C’è un proliferare di teorie tutte tese a scagionare gli americani e a incolpare i russi per l’ennesimo complotto. Addirittura Rampini del Corriere arriva a dire che in democrazia è impossibile nascondere i complotti che vengono ideati in occidente: secondo lui “naturalmente” la verità viene a galla, dimenticando che proprio l’Italia è un paese noto per le verità nascoste, le stragi di Stato e Ustica insegnano.
Tutti dimenticano che la Russia con la distruzione dei gasdotti stream 1 e 2 butta via 20 miliardi di euro, quello che è costato costruirli con la partecipazione al 49% anche di società tedesche, francesi e olandesi, e sorvolando sul fatto che quelli che perdono definitivamente la possibilità, anche in futuro, di rifornirsi di gas russo sono principalmente le economie più forti europee, Germania prima di tutto.
La guerra commerciale tra i padroni cambia dinamica: la concorrenza non si basa più solo sui prezzi delle merci, ma altre armi vengono utilizzate per battere il nemico.
Altro che occidente unito sulla difesa del “diritto internazionale”.
Nonostante gli scricchiolii nel fronte del capitalismo europeo tra finanza e industria, nessuno mette apertamente in discussione il danno ai profitti dei padroni europei causato dalla concorrenza del capitale finanziario americano.
Saltano i politici più legati alla politica della grande finanza come Jhonson in Inghilterra e Draghi in Italia, ma apparentemente tutto rimane come prima … per ora.
F. R.
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