Presentata come una norma per impedire i rave party è in effetti una norma per colpire ogni movimento di protesta degli operai e dei poveri che vada oltre le innocue processioni. Ma si sa, più la società si trasforma in galera più si fa potente la necessità di evadere.
Ad una settimana dall’insediamento del nuovo governo è già chiaro come le discussioni sul governo della presidente o del presidente, del primo ministro donna quale mirabile traguardo nelle battaglie per l’emancipazione di genere, siano serviti nelle more delle lungaggini istituzionali ad intortare gli spettatori dei dibattiti dei salotti televisivi. Il primo atto invece che produce questo governo ha poco a che fare con i vocabolari, le dispute linguistiche e le conquiste di genere, ma molto con la repressione e il manganello. Del resto non è un caso se la classe padronale abbia espresso il suo convinto consenso per la formazione di questo governo. Il mix incandescente di crisi economica, inflazione, aumento dei prezzi energetici e guerra, deve trovare una risposta nel consolidamento di un governo espressione degli interessi dei ceti borghesi che metta subito le cose in chiaro. Se la situazione dal punto di vista sociale può diventare esplosiva, il governo dal pugno di ferro è una necessità dettata dai tempi. Il governo Meloni era lo sbocco inevitabile di questa premessa. Così un innocuo raduno con musica e balli che ha coinvolto alcune centinaia di giovani a Modena diventa il pretesto per colpire e reprimere i raduni che d’ora in avanti possono rappresentare una minaccia per il governo che deve dar seguito alle istanze di industriali e banchieri. In sintesi, con il nuovo reato dei raduni illegali, introdotto dall’art. 434 bis del codice penale, viene punito con il carcere da tre a sei anni e una multa da 1000 a 10000 euro, chi organizza e promuove l’invasione arbitraria di terreni ed edifici pubblici e privati, con un numero di persone superiore a cinquanta, qualora dal raduno possa derivare un pericolo per l’ordine pubblico, per l’incolumità e la salute pubblica. Per chi vi partecipa la pena, recita la norma, è diminuita. La discrezionalità interpretativa e la genericità del contenuto con cui la legge è stata appositamente scritta spiegano perché ad esser ritenuti pericolosi non siano i raduni festaioli bensì quelle manifestazioni collettive di gruppi e persone che possono insidiare o problematizzare la rotta che questo governo deve tracciare. Con l’esasperazione della concorrenza internazionale sui prezzi, i padroni, nella loro rincorsa al massimo profitto, e nelle loro libertà di liquidare, chiudere e licenziare, ridurre garanzie, costi e salari, non vogliono intralci. Chi protesta, dissente e si difende è pericoloso per l’ordine pubblico padronale. E non c’era miglior testo di legge che questo per mettere al bando le manifestazioni, le proteste e i presidi operai. Il governo Meloni sa che il suo ministero dello sviluppo economico ha ereditato oltre 80 fascicoli riguardanti solo le chiusure industriali ed altri ne arriveranno con l’inasprirsi della crisi. Se fino ad ora questi sono stati “gestiti”con la tipica mediazione istituzionale e sindacale, potrebbe già non essere più così nei prossimi mesi. Il governo aveva bisogno di una norma che chiudesse giuridicamente il cerchio sulle aspettative di una possibile radicalizzazione dello scontro sociale. E l’ha resa esecutiva in sette giorni. A riprova del fatto che c’è poco da scherzare sulle desinenze linguistiche. Questo è il governo che dovrà gestire nell’interesse dei ceti possidenti uno dei periodi storici in cui diventa più acuta la crisi del sistema capitalistico. Con questa norma, un qualsiasi corteo operaio o sindacale, se ritenuto pericoloso per l’ordine pubblico a discrezione dell’autorità, può essere immediatamente sciolto dalla prefettura e dalla polizia, e i promotori e i partecipanti possono beccarsi carcere e multe. Non solo le occupazioni delle fabbriche, già peraltro sanzionabili con altre apposite norme del codice penale, ma anche presidi e raduni operai all’esterno delle fabbriche possono essere ritenuti pericolosi e quindi sgomberati, sempre con la conseguenza che a tutti i partecipanti venga contestato il reato di raduno illegittimo con la pena del carcere e delle multe. Viene di fatto potenziato e allargato il reato dell’adunata sediziosa, che i fascisti introdussero per reprimere le rivolte spontanee dell’ottobre del 1941, liberandolo da una serie di specificazioni e oneri di prove che il nuovo reato nel suo carattere indefinito e discrezionale non prevede. Le opposizioni in Parlamento stanno denunciando l’anticostituzionalità della norma, riscontrando severe e gravi limitazioni per la libertà di opinione e dissenso. Fa specie che a parlare di difesa delle libertà siano quelli che quando erano alla guida di altri governi, come il capo politico del Movimento 5 stelle, Giuseppe Conte, che insieme al suo ministro degli interni Salvini si fece promotore dei decreti sicurezza contro gli immigrati e contro i picchetti operai. Essi stessi hanno sistematicamente compresso “i diritti costituzionalmente garantiti”, di quella stessa Costituzione che oggi vogliono sbandierare per ragioni di opportunismo politico. Per gli operai e i ceti subalterni non ci sono evidentemente referenti politici. Qualunque partito si avvicendi al governo esprime per mezzo di leggi e interventi la tutela degli interessi della classe dominante che sfrutta il lavoro operaio per accrescere la propria ricchezza. Ancor più oggi, in tempi di crisi, in cui non sono garantite neanche più le briciole a chi sta sotto.
A. B.
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