PARLANO DI LAVORO POVERO, FANNO ACCORDI DA SCHIAVISTI

Firmato da agrari, istituzioni e sindacati l’accordo per la raccolta dei pomodori nel Potentino. La paga oraria a 7,11 euro lordi all’ora, più bassa della già misera proposta del salario minimo a 9 euro. In più, per ogni cassone da 300 KG colmo di pomodori, gli schiavi riceveranno 4,80 euro.
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Firmato da agrari, istituzioni e sindacati l’accordo per la raccolta dei pomodori nel Potentino. La paga oraria a 7,11 euro lordi all’ora, più bassa della già misera proposta del salario minimo a 9 euro. In più, per ogni cassone da 300 KG colmo di pomodori, gli schiavi riceveranno 4,80 euro.

Un salario giornaliero di 46,20 euro per sei ore e mezza di lavoro per operai agricoli a tempo determinato (Otd), rientranti nella 3ª Area (addetti a mansioni generiche e semplici, non richiedenti specifici requisiti professionali) e nel 6° Livello (addetti alla raccolta semplice), addetti alla raccolta del pomodoro da industria. E il pagamento di 4,80 euro per bins per il cottimo misto. È quanto prevede un nuovo accordo per la raccolta del pomodoro da industria per il periodo 16 agosto – 16 novembre 2023 nelle campagne della provincia di Potenza, dove, precisamente nell’area del Vulture-Alto Bradano, ogni anno sono impegnati oltre mille braccianti stranieri, giovani africani che giungono da diverse regioni italiane per lavorare alla raccolta del pomodoro. Lo hanno firmato ai primi di agosto le organizzazioni provinciali dei capitalisti agrari, Confagricoltura, Coldiretti e Cia-Agricoltori italiani, e dei sindacati degli operai agricoli, Flai-Cgil, Fai-Cisl e Uila-Uil.
Anche in Basilicata i capitalisti agrari hanno estremo bisogno di braccianti per la raccolta del pomodoro da industria. Di braccia forti e veloci che in pochi giorni raccolgano un prodotto deperibile e ancora più facilmente soggetto a rovinarsi in caso di forti ondate di calore o di piogge eccessive. Ma come pagare questi braccianti? I padroni vorrebbero pagarli a cottimo pieno, legando il salario solo al rendimento lavorativo, quindi con una paga non basata sulla durata del lavoro di raccolta, ma commisurata alla quantità effettiva di pomodoro raccolto durante la giornata di lavoro. In Italia, però, solo in alcuni casi (lavoro a domicilio, consegne dei rider, ecc.) è consentita una forma legale di cottimo pieno. In tutti gli altri, almeno formalmente, il cottimo pieno non può essere il riferimento principale per calcolare il salario. È invece possibile il cottimo misto, in forza del quale l’operaio viene compensato con un importo fisso (retribuzione contrattuale a tempo), incrementato di un importo variabile (cottimo effettivo), che tiene conto della sua reale produttività. Ed ecco il soccorso di un accordo sindacale confezionato opportunamente per le esigenze dei padroni agrari potentini.
I capitalisti agrari che vorranno attenersi alla retribuzione fissa calcolata a tempo pagheranno 46,20 € per sei ore e mezza di lavoro, salvo ricorso a ore in più di lavoro straordinario. Tale paga base è uguale a quella prevista dal Contratto collettivo nazionale di lavoro (Ccnl) per gli operai agricoli e florovivaisti valido dal 1° gennaio 2022 al 31 dicembre 2025 e ratificato/applicato anche dal Contratto integrativo provinciale di lavoro per gli operai agricoli e florovivaisti della provincia di Potenza: in pratica dal 1° giugno 2023 il salario giornaliero per la qualifica più bassa (Area 3ª, 6° Livello) è di 35,44 €, a cui va aggiunto il cosiddetto terzo elemento, pari al 30,44% del salario provinciale, cioè 10,79 euro, per un totale di 46,23 € al giorno, corrispondenti ad appena 7,11 € lordi per un’ora di lavoro molto produttivo e particolarmente faticoso. Tale paga è la dimostrazione reale di come i salari degli operai agricoli delle qualifiche più basse (le decine di migliaia di braccianti che fanno la raccolta di uva, mele, pere, pesche, ciliegie, actinidia, fragole, pomodori, radicchi, asparagi, ortaggi, frutta e fiori in genere in pieno campo) sono nettamente al di sotto dei 9,00 €/ora lordi proposti in Italia come salario minimo. È la dimostrazione di come la contrattazione, anche dalla parte sindacale, se ne infischia di alzare realmente i salari più bassi al livello dei 9 €/ora e tanto meno di superarlo. È la dimostrazione di come tanti salari in Italia (non solo nella provincia di Potenza) sono realmente espressione di uno sfruttamento sfrenato e manda gambe all’aria sia la tanto sbandierata forza della contrattazione sindacale sia le vergognose promesse di salari “ricchi” garantiti dalla contrattazione in cambio di una maggiore produttività.
Invece i capitalisti agrari che faranno ricorso al cottimo misto dovranno, in via teorica, aggiungere alla paga base di 46,20 € una maggiorazione integrativa di 4,80 euro per bins o cassone da 300 chilogrammi di pomodori. Con l’accordo sindacale hanno ottenuto le premesse giuste per coprirsi legalmente le spalle. Poi, quello che accade realmente nelle campagne potentine, così come in quelle foggiane e altrove, è altra cosa.
Accade che la chiamata al lavoro passa quasi sempre solo attraverso un caporale che fa da intermediatore illegale di manodopera, porta l’aspirante bracciante sul campo dei pomodori e impone di dargli in cambio una parte del salario.
Accade che i braccianti, estremamente ricattabili, soprattutto se si tratta di migranti e ancora di più se sprovvisti del permesso di soggiorno, con contratti (quando presenti) stagionali o giornalieri, sono costretti a lavorare e a essere pagati solo a cottimo, senza ricevere alcuna paga base oppure prendendo una paga base, decisa dal padrone, nettamente inferiore a quella stabilita dal contratto di lavoro provinciale degli operai agricoli o da uno specifico accordo sindacale come quello per il Potentino.
Accade la “guerra”, non fra braccianti e padroni per ottenere un salario più alto e condizioni di vita e di lavoro migliori, ma quella del cottimo, della concorrenza fra braccianti per riempire il numero più alto possibile di cassoni (in Basilicata e Puglia ciascun cassone raccolto viene pagato fra i 3 e i 5 euro). Una guerra con ritmi di lavoro frenetici, in cui i braccianti prima devono accaparrarsi i cassoni vuoti e sistemarli tra i filari di pomodori, dopo strappano le piante, talvolta tre o quattro con ciascuna mano contemporaneamente, e le scuotono violentemente nel cassone, in modo che tutti i pomodori vi cadano dentro, infine scaraventano via quel che resta della pianta e ricominciano a strappare piante, il più velocemente possibile, senza pause.
La sostanza dell’accordo firmato a Potenza è che ai braccianti vengono comunque date paghe da fame, autentiche briciole salariali, in cambio della forza delle loro braccia piegata a soddisfare in pieno le necessità di massimo profitto dei padroni agrari, tanto da configurarli esattamente come moderni schiavi salariati nelle campagne. Certo, che il bracciante venga pagato a ora/giornata oppure a bins non cambia il principio fondamentale dell’accumulazione capitalistica, cioè che una parte sostanziale del lavoro non viene retribuita ma destinata alla creazione di plusvalore. È tuttavia evidente, e va precisato, che con il cottimo l’operaio, coltivando l’illusione di guadagnare di più, in realtà produce di più ma riceve un salario relativamente più basso per il lavoro prodotto, rispetto a una paga a tempo! Non a caso le lotte portate avanti dai braccianti stranieri in Italia, a Rosarno nel 2010, a Nardò nel 2011, a Foggia nel 2016, hanno posto ai primi punti della loro piattaforma rivendicativa sia la fine del cottimo sia l’aumento della paga base a tempo.
L.R.

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