GLI IGNAVI. MA LA COLPA È NOSTRA

Chi lavora nello stabilimento Stellantis di Pomigliano ex Fiat, conosce benissimo la frase di benvenuto che viene usata ogni qualvolta che si mette piede in quella fabbrica: "Benvenuti nell'inferno".
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Chi lavora nello stabilimento Stellantis di Pomigliano ex Fiat, conosce benissimo la frase di benvenuto che viene usata ogni qualvolta che si mette piede in quella fabbrica: “Benvenuti nell’inferno”.

Chi lavora nello stabilimento Stellantis di Pomigliano ex Fiat, conosce benissimo la frase di benvenuto che viene usata ogni qualvolta che si mette piede in quella fabbrica: “Benvenuti nell’inferno”.
Questo rende benissimo l’idea di cosa siamo costretti a subire quando iniziamo a lavorare; in pratica trattati come schiavi e usati a loro piacimento senza considerare che siamo persone. Ebbene nell’inferno della fabbrica, proprio come per l’inferno di Dante, ci sono gli ignavi ovvero una categoria di dannati, i quali non sono meritevoli di considerazione alcuna da parte di nessuno. Dante li ha posti nell’antinferno, in pratica nemmeno degni di stare all’inferno stesso.
Nelle nostre fabbriche gli ignavi sono i delegati di questo sindacato che tutto fa, tranne che tutelare i lavoratori, anzi, sempre più vicino all’azienda e sempre più accondiscendente su tutto quello che il padrone vuole. Non sono degni nemmeno dell’inferno anche perché aiutano il padrone a renderlo tale sulla nostra pelle. Questo loro modo di fare sindacato non è assolutamente utile a noi, anzi è solo deleterio, ma non possiamo negare che la figura del sindacato sia necessaria. Il punto è che il sindacato deve essere operaio, controllato e diretto da noi operai. Abbiamo un vuoto enorme da colmare non solo a livello sindacale ma anche politico ed organizzarsi per riempirlo spetta a noi operai. Non è facile ma dobbiamo assolutamente provarci per cambiare lo stato dell’arte e, per fare ciò, dobbiamo iniziare proprio dagli ignavi. Infatti, la colpa è nostra perché nonostante tutto li legittimiamo non contestandoli e spesso votandoli. Adesso siamo ancora tanto deboli da non poter costruire un nostro sindacato o impadronirci di uno di quelli controllati direttamente o indirettamente dall’azienda. Possiamo e dobbiamo però fare la giusta pressione affinché il sindacato faccia il più possibile la sua parte, imponendo, se necessario anche con la forza delle nostre mobilitazioni, che questi “signori” svolgano il loro lavoro per noi.
Dobbiamo smetterla di restare nel proprio orticello dell’individualità e ritornare ad essere una collettività con interessi comuni.
PILONE, Operaio Stellantis di Pomigliano d’Arco

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