L’industria del profitto ammazza gli operai, tutte le chiacchiere sull’antinfortunistica si scontrano con la dura realtà: per garantire i propri guadagni gli imprenditori risparmiano sulle misure da adottare per lavorare in sicurezza. Non solo nelle imprese marginali ma nella grande Eni a partecipazione statale.
Caro Operai Contro, nella strage dell’Eni di Calenzano (Firenze) tutti operai tra i 45 e i 63 anni.
All’inizio ufficialmente i morti erano 2, altri 3 li hanno chiamati “dispersi”, alla fine hanno dovuto conteggiare il numero reale della nuova strage: 5 morti.
9 i feriti di cui 2 gravissimi finiti con le autoambulanze negli ospedali, altri 17 feriti ci sono arrivati con altri mezzi. A quando un “decreto sicurezza” per padroni e azionisti responsabili di queste stragi?
L’esplosione, per la sua potenza paragonata a un terremoto, è avvenuta nel grande deposito di 170mila metri quadrati, con 24 grandi serbatoi, dove le autobotti fanno il rifornimento di carburante, non si sa per ora quante autobotti siano state coinvolte nell’esplosione.
Le cause – dice l’agenzia Ansa – “A seguito della perdita di liquido durante le operazioni di ricarica delle autobotti”.
Il deposito Eni di Calenzano è classificato “Ad alto rischio” dalla normativa Seveso che fra l’altro specifica: “Gli stabilimenti che trattano determinate sostanze pericolose, sono soggetti a particolari obblighi al fine di prevenire i rischi di ‘incidenti rilevanti’ e di attenuare le conseguenze in caso di accadimento”. Belle parole che restano sulla carta e i responsabili di questi omicidi, galantuomini a piede libero.
Negli ultimi anni – segnala un autotrasportatore -: “negli impianti Eni, non lo so se anche a Calenzano, si è risparmiato sui costi del personale che curava il carico, facendo fare direttamente ai camionisti un lavoro per il quale non hanno una formazione specifica, né copertura assicurativa”.
“Nel 2017 e nel 2020 il Comitato tecnico regionale durante i sopralluoghi all’Eni di Calenzano, aveva segnalato criticità sulla sicurezza con richieste di integrazioni. Nel 2023 improvvisamente tutto si è sistemato”. A dirlo è M. Caldiroli, presidente di Medicina democratica, e aggiunge: “Ci siamo chiesti se sia stata una sistemazione vera, grazie a interventi impiantistici concreti, o semplicemente un adeguamento documentale”.
Inoltre va detto che alla normativa Seveso ha messo mano il governo Meloni, con “disposizioni del Dl 63/2024 (in vigore dal 16 maggio 2024) recante semplificazioni per gli stabilimenti dichiarati strategici”.
Se, e in che misura queste “semplificazioni ” rientrino nella casistica che ha portato alla tragedia di Calenzano, per ora non è dato saperlo.
Ma chiaramente la normativa e/o le misure di prevenzione e antinfortunistica si sono rivelate del tutto inconsistenti. Fra queste, dalle prime indiscrezioni, risulta che il rifornimento delle autobotti, sembra venga fatto col vecchio, per non dire atavico mezzo della “proboscide”, un grosso tubo flessibile come terminale, che getta carburante col boccaporto aperto in alto e lo scarica nell’autobotte. La mattina dell’esplosione erano una trentina le autobotti da riempire.
Una ventina di operai di almeno 16 aziende del circondario sono finiti anch’essi al Pronto Soccorso, feriti, dai vetri e tetti scoperchiati a seguito dell’esplosione, come si è visto dalle immagini televisive. Le aziende sono state evacuate, fino a nuova disposizione della questura che ha messo l’area sotto sequestro. Impressionante la vista dall’alto, l’agglomerato di 24 grandi serbatoi, a rischio di essere contagiati e saltare in aria pure loro.
Il boato dell’esplosione ha fatto volare anche le finestre delle abitazioni della zona. Quelle finestre che la Protezione civile aveva disposto di tenere chiuse, per non respirare l’aria avvelenata dalla colonna di fumo, un’area nella quale da anni Medicina democratica ha rilevato un più alto tasso di tumori. Veleni che potrebbero aver inquinato anche i corsi d’acqua.
Dopo Brandizzo con i 5 operai travolti sui binari, con in cima al subappalto il ministero dei Trasporti, è toccato all’Eni a Calenzano, la multinazionale il cui maggior azionista è lo Stato italiano, a dare il buon esempio ai padroni, nella gestione al risparmio della forza lavoro.
Saluti Oxervator.